La modifica dei termini di presentazione della dichiarazione annuale IVA potrebbe avere ripercussioni sulla stampa dei registri IVA 2016, considerato che la stampa deve avvenire entro tre mesi dal termine di presentazione della dichiarazione
di Salvatore De Benedictis
Agenda Digitale
La modifica apportata dall’articolo 4 del Decreto Legge 193/2016 all’articolo 8, comma 1, DPR 322/1998, ha modificato i termini di presentazione della dichiarazione annuale IVA, disponendo che
– la presentazione non dovrà più avvenire in forma unificata, ossia insieme alla dichiarazione relativa alle imposte dirette e all’IRAP;
– il termine di presentazione della dichiarazione annuale IVA relativo all’anno d’imposta 2016 scadrà a febbraio 2017;
– a regime, il termine di presentazione della dichiarazione IVA annuale scadrà il 30 aprile dell’anno successivo all’anno solare di riferimento.
La ragione di tali modifiche è evidente: soppresso l’obbligo di trasmissione dati IVA prevista dall’articolo 9 della Legge 322/1998, è sorta l’esigenza di rimediare al “vuoto” di informazioni che si sarebbe venuto a creare, soprattutto al fine di accelerare la percezione della situazione debitoria di contribuenti, in modo da ridurre al minimo i tempi intercorrenti tra la omissione dei versamenti e la relativa contestazione.
Tuttavia, considerato che a partire dall’anno 2017 i contribuenti saranno obbligati a trasmettere i dati delle fatture emesse e ricevute (ex art. 21 D.L. 78/2010) e i dati delle liquidazioni periodiche (ex art.21-bis del D.L. 78/2010), non possiamo fare a meno di chiederci perché il legislatore non abbia pensato di sopprimere l’obbligo di presentazione delle dichiarazione annuale IVA e, eventualmente, far confluire – se proprio fosse necessario – i dati non contenuti nelle dichiarazioni ex artt. 21 e 21-bis nella dichiarazione dei redditi.
Così come ci chiediamo il perché della sopravvivenza dell’obbligo di tenuta e conservazione dei registri IVA, visto che questi sono sostanzialmente riproducibili dai dati trasmessi all’Agenzia delle Entrate in ossequio alle norme sopra richiamate.
La modifica del termine di presentazione della dichiarazione IVA corre il rischio di far ritenere modificati anche i termini di stampa o di conservazione dei registri e dei documenti rilevanti ai fini IVA, posto che l’articolo 7, comma 4-ter, D.L. 357/1994, prevede che “a tutti gli effetti di legge, la tenuta di qualsiasi registro contabile con sistemi meccanografici è considerata regolare in difetto di trascrizione su supporti cartacei, nei termini di legge, dei dati relativi all’esercizio per il quale i termini di presentazione delle relative dichiarazioni annuali non siano scaduti da oltre tre mesi…”.
L’interpretazione letterale della norma potrebbe avere conseguenze non di poco conto per i contribuenti e i professionisti: immaginate di dover stampare o mandare in conservazione i registri e i documenti IVA nel mese di maggio, proprio nel vivo della stagione delle dichiarazioni dei redditi e dei bilanci. Non solo.
Avere due procedure, di stampa o conservazione, in date diverse ed in relazione al medesimo anno d’imposta comporta una parcellizzazione degli adempimenti e, di conseguenza, un disagio che francamente appare in controtendenza rispetto ai dichiarati intenti di semplificazione e razionalizzazione degli adempimenti declamati dal legislatore e dal governo.
Ma a parere di chi scrive esistono margini per poter ritenere che la stampa o conservazione dei documenti e registri IVA possa essere inserita a pieno titolo in un contesto sistematico e legislativo più ampio, propedeutico a fornire una interpretazione della norma in grado di coniugare le esigenze del legislatore e quelle dei contribuenti. Vediamo perché.
Vigente l’obbligo di trasmissione dell’impronta degli archivi informatici conservati digitalmente (art. 5 del D.M. 23/1/2004) l’Agenzia entrate si pronunciò su un problema analogo che gli addetti ai lavori si trovarono ad affrontare nell’ipotesi di esercizio non coincidente con l’anno solare, posto che all’epoca i termini di presentazione delle varie dichiarazioni era unificato al 30 settembre.
Infatti, questa categoria di contribuenti, aderendo alla interpretazione letterale della norma citata, avrebbero dovuto differenziare temporalmente l’invio della impronta, distinguendo l’impronta degli archivi informatici tenuti ai fini IVA, in cui l’anno solare segna una declinazione imprescindibile, rispetto a quella degli archivi informatici tenuti ai fini delle imposte sul reddito, posto che il cui termine di trasmissione era fissato entro quattro mesi da quello di presentazione delle dichiarazioni ai fini II.DD., IVA e Irap.
La circolare 36/E del 2006 privilegiò la superiore tesi affermando che “nel caso di esercizio non coincidente con l’anno solare, considerato la possibilità di un disallineamento dei termini previsti per la presentazione della dichiarazione dei redditi e della dichiarazione iva, il termine per l’invio dell’impronta in esame deve essere collegato alle singole date previste per le differenti dichiarazioni; in tal modo il contribuente dovrà procedere a distinti invii dell’impronta, con riferimento, rispettivamente, alla contabilità conservata rilevante ai fini iva ed a quella rilevante ai fini delle imposte dirette”.
Tale interpretazione apparve eccessivamente restrittiva, anche perché l’impronta non aveva nulla a che vedere con la regolarità della tenuta dei libri e registri, e la sua trasmissione all’Agenzia delle Entrate era finalizzata solo “al fine di estendere la validità dei documenti informatici” oltre il termine, allora quinquennale, di validità delle marche temporali.
Fu così che la Circolare n. 5/E del 29 febbraio 2012 rispondendo ad un medesimo specifico quesito sul termine per l’invio dell’impronta degli archivi informatici, ritenne opportuno ritrattare la precedente interpretazione fornita con la circolare 36/E e ritenere unificati i termini tra II.DD e IVA, proponendo il seguente esempio relativo ad una società con esercizio non coincidente con l’anno solare (es:01/04/2010 -31/03/2011, quindi in corso al 1° gennaio 2011).
Documentazione relativa al periodo 2010-11
• Scadenza invio dichiarazione dei redditi: 31/12/2011.
• Scadenza chiusura processo di conservazione: 31/03/2012.
• Scadenza invio comunicazione impronta periodo 2010-11: 30/04/2012.
Onestamente l’interpretazione non appare tecnicamente ineccepibile, soprattutto perché non si comprende, ai fini IVA, quale sia la documentazione relativa al periodo 2010-11 a cui si riferisce l’esempio. Resta tuttavia apprezzabile l’intento semplificatore dell’Agenzia delle Entrate, intento che può tornarci utile nel caso che stiamo esaminando.
Estendendo infatti analogicamente il predetto criterio interpretativo al caso in esame, si potrebbe concludere che anche il dies a quo a partire dal quale decorrono i tre mesi di cui al citato articolo 7, comma 4-ter, D.L. 357/1994 per la stampa/conservazione dei registri e documenti rilevanti ai fini IVA potrebbe considerarsi “unificato” con quello di presentazione della dichiarazione dei redditi e dell’IRAP.
Ma esistono tuttavia anche altre ragioni precise e concordanti che, a sommesso avviso di chi scrive, inducono a poter ritenere che i termini di stampa e conservazione dei libri, documenti e registri potrebbero essere “unificati” a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi.
La prima considerazione è che vi sono documenti e registri che, anche se formati o emessi in ossequio alle previsioni in materia di IVA, hanno valenza anche ai fini delle imposte sui redditi.
L’articolo 39, terzo comma, del DPR 633/1972 (intitolato “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”) prevede che i registri, i bollettari, gli schedari e i tabulati, nonché le fatture, le bollette doganali e gli altri documenti previsti dal DPR 633/1972, debbano essere conservati a norma dell’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, intitolato “tenuta e conservazione delle scritture contabili”.
L’articolo 14 del DPR 600/1973, intitolato “Scritture contabili delle imprese commerciali, delle società e degli enti equiparati”, prescrive che “Le società, gli enti e gli imprenditori commerciali di cui al primo comma dell’art. 13 debbano in ogni caso tenere: a) il libro giornale e il libro degli inventari; b) i registri prescritti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”
In tema di tenuta e conservazione esiste quindi nel sistema legislativo una esplicita attrazione della documentazione prevista dalla normativa IVA alle norme in tema di accertamento delle imposte sui redditi.
La visione che si ricava dall’esame congiunto delle norme sopra richiamate è che libri, documenti e scritture, anche se emessi in ossequio a norme differenti, trovano una naturale “composizione” e regolamentazione armonizzata con quella relativa alle imposte sui redditi, contenuta nel DPR 600/1973.
Ecco che allora, pur nella confusione generata dalle recenti vicende legislative, appare chiaro e plausibile che i termini per la stampa e conservazione della documentazione prodotta ai fini IVA possa avvenire entro lo stesso termine previsto per le scritture in materia di imposte dirette.
Questo vale nella ipotesi di contribuenti con l’esercizio coincidente con l’anno solare, soggetti, tra l’altro, ad un accertamento “unificato” per le imposte dirette, per l’IRAP e per l’IVA.
Il ragionamento si complica nella ipotesi di esercizio non coincidente con l’anno solare. Si immagini infatti ad una società (che conserva digitalmente libri e scritture) che, nel mese di febbraio 2016, abbia modificato la chiusura dell’esercizio dal 31 dicembre al 31 agosto.
Per l’anno 2016 redigerà il suo bilancio al 31 agosto 2016. La scadenza per la conservazione sarà il 31 agosto 2017.
Quali registri IVA manderà in conservazione in tale data?
Seguendo la “logica” della circolare 5/E non dovrebbe mandare nulla in conservazione (come registri IVA) perché l’anno 2015 sarà già andato in conservazione entro il 31 dicembre 2016, assieme ai libri e scritture ex II.DD.
Si verificherebbe quindi un salto di un anno per consentire l’allineamento con la interpretazione fornita dalla circolare 5/E.
È lecito anche chiedersi, riprendendo l’esempio sopracitato, che senso avrebbe che i documenti IVA dell’anno 2016 possano essere conservati un anno dopo rispetto ai contribuenti che non hanno esercizio coincidente con l’anno solare?
Certo, sarebbe auspicabile un cenno di conferma da parte dell’Agenzia delle Entrate che potrebbe capitalizzare tutte le considerazioni sopra svolte e, soprattutto, confermare la analogia della fattispecie in esame a quella già oggetto di esame per la trasmissione dell’impronta degli archivi informatici, vigente il D.M. 23/1/2004.
Ma sarebbe soprattutto auspicabile che il legislatore fosse più attento nella emanazione delle norme, soprattutto nel settore della digitalizzazione dei libri, registri e documenti e nella relativa conservazione, permettendo così il definitivo passaggio ai sistemi digitali di emissione dei documenti, tenuta dei libri e registri, registrazione e conservazione.
Oggi la produzione legislativa sembra avulsa da un preciso progetto che dovrebbe esserne alla base, progetto che dovrebbe essere condiviso con l categorie professionali che ne sono i destinatari.
Il progetto condiviso dovrebbe avere come condizione il contemperamento delle esigenze dell’amministrazione finanziaria e dei contribuenti e professionisti, in un’ottica di reale semplificazione e razionalizzazione.
La mancanza di questa visione produce una normativa mediocre, contraddittoria, e rimedi spesso peggiori dei mali che si intendono curare.
Ne rappresenta un fulgido esempio l’affanno e il clima di incertezza di questi giorni, in cui si parla di proroghe, di reintroduzione di obblighi che sembravano andati in soffitta.
Noi professionisti che, consci della funzione pubblica che svolgiamo, che non siamo “usi” ad unirci al coro di coloro che contestano a prescindere e che svolgiamo nei confronti dei clienti un importante ruolo di mediazione e di giustificazione delle esigenze del legislatore, siamo messi alle corde.
Attendiamo fiduciosi una nuova stagione.
dott.Salvatore De Benedictis
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